Come ogni anno in questo periodo nelle aziende vinicole si raccolgono non solo i frutti della vendemmia, ma anche di tutto il lavoro svolto. Questo è infatti il periodo durante il quale vengono rilasciate le più importante guide dedicate al mondo vinicolo firmate dai più illustri esperti conoscitori del vino, come Gambero Rosso, Doctor Wine, Vini Buoni d’Italia e molte altre. I migliori vini assaggiati vengono recensiti con un punteggio. Non sempre i punteggi coincidono, ma c’è un vino che mette d’accordo tutti e cha ha ricevuto punteggi altissimi ed equivalenti, non solo nelle guide italiane, ma anche internazionali e che nel 2006 fu giudicato il miglior vino al mondo dalla rivista americana Wine Spectator. Parliamo del Tenuta Nuova di Casanova di Neri. Andiamo a conoscere i segreti di quest’azienda, parlando con Giacomo Neri titolare.
Il vostro vino “mette d’accordo tutti”, qual è il vostro segreto per mettere tutti i giornalisti d’accordo? Abbiamo una qualità, una riconoscibilità dei vini di Casanova di Neri che da anni è costante nelle grandi e nelle piccole annate. E’ un lavoro di decine e decine di anni, questo è la nostra forza: qualità e riconoscibilità del nostro vino all’interno di una grande denominazione. I nostri vini sono riconoscibilissimi e hanno una costanza qualitativa altissima, grazie al lavoro di vigna, di impegno e grande attenzione.
L’export e le vendite in generale come stanno andando? “Fortunatamente l’export per noi è andato abbastanza bene, grazie anche ad un’annata la 2015 che era attesa dal mercato, che è di qualità, quindi siamo stati fortunati in questa situazione difficile, che però ha visto uscire una buona quantità di bottiglie se non ottima. Noi siamo fortunati perché abbiamo un grandissimo marchio, abbiamo grandissima qualità per cui i collezionisti privati hanno acquistato ugualmente le nostre bottiglie, anzi forse hanno voluto anche di più. Abbiamo perso la ristorazione che è un veicolo importante. Sono andate benissimo i privati, i collezionisti, le enoteche, le vendite online. Quello che vendevamo nella ristorazione ha avuto una grossa diminuzione”.
Da chi ha appreso le arti del mestiere? “Il primo maestro è stato il mio babbo, che mi ha dato la passione, mi ha dato la possibilità, mi ha dato l’amore verso questa terra, verso la vigna. Poi ho imparato tantissimo da molte persone. Ho sempre avuto l’umiltà di sentirmi l’ultimo, di aver sempre da imparare ascoltando le persone che mi volevano insegnare, dal vignaiolo che potava le viti al più grande enologo, agronomo o cantiniere o dal più bravo produttore di Borgogna”.
In futuro lascerà il Suo testimone ai suoi ragazzi; che sfida avranno di fronte le nuove generazioni? “Un figlio si occupa della parte enologica agronomica, l’altro più della parte commerciale e finanziaria. Quello che dico sempre a loro “Non siamo mai arrivati, dobbiamo fare sempre meglio”. Noi siamo oggi un’azienda importantissima, bella, ben strutturata, però dobbiamo sempre sentire che non siamo mai arrivati. Ogni vendemmia è diversa e ha bisogno della conoscenza dell’esperienza, del sacrificio e del lavoro. Questo è il principio che do ai miei figli. Massima umiltà pur avendo l’orgoglio di rappresentare un’azienda che oggi è ai vertici mondiali della produzione enologica”.
Stefania Tacconi
Comments